Uno sguardo femminile sul mondo e sulle persone dagli anni Trenta ai Duemila è quello che si è appena aperto a Venezia. La città lagunare ospita presso La Casa dei Tre Oci, fino al 23 ottobre 2022, la mostra dedicata alla fotografa franco-svizzera Sabine Weiss.
“La poesia dell’istante” è la più ampia retrospettiva mai realizzata finora, la prima in Italia, dedicata all’artista dell’obiettivo, scomparsa all’età di 97 anni nella sua casa di Parigi lo scorso 28 dicembre 2021, tra le maggiori rappresentanti della fotografia umanista francese insieme a Robert Doisneau, Willy Ronis, Edouard Boubat, Brassaï e Izis.
Unica fotografa donna del dopoguerra ad aver esercitato questa professione così a lungo e in tutti i campi della fotografia – dai reportage ai ritratti di artisti, dalla moda agli scatti di strada con particolare attenzione ai volti dei bambini, fino ai numerosi viaggi per il mondo – Sabine Weiss ha partecipato attivamente alla costruzione di questo percorso espositivo, aprendo i suoi archivi personali, conservati a Parigi, per raccontare la sua straordinaria storia e presentare il suo lavoro in maniera ampia e strutturata.
L’esposizione, nel sestiere di Dorsoduro che si affaccia sul Canale della Giudecca, è il primo e più importante tributo internazionale alla sua carriera, con oltre 200 fotografie. Curata da Virginie Chardin, la retrospettiva è promossa dalla Fondazione di Venezia, realizzata da Marsilio Arte in collaborazione con Berggruen Institute, prodotta dall’Atelier Sabine Weiss – Laure Delloye Augustins, con il sostegno di Jeu de Paume e del Festival internazionale Les Rencontres de la photographie d’Arles, sotto l’alto patronato del Consolato generale di Svizzera a Milano.
Gli scatti esposti ai Tre Oci ripercorrono, insieme a diverse pubblicazioni e riviste dell’epoca, il lavoro della fotografa, dagli esordi nel 1935 agli anni 2000. Come testimoniano in mostra le foto dei bambini e dei passanti, fin dall’inizio Sabine Weiss dirige il suo obiettivo sui corpi e sui gesti, immortalando emozioni e sentimenti, in linea
con la fotografia umanista francese. È un approccio dal quale non si discosterà mai, come si evince dalle sue parole: «Per essere potente, una fotografia deve parlarci di un aspetto della condizione umana, farci sentire l’emozione che il fotografo ha provato di fronte al suo soggetto». Quando fotografava i più piccoli, per esempio, Sabine tornava bambina: nessuna distanza tra lei e loro per meglio interpretare i loro sguardi e rappresentarne i sentimenti; è quanto racconta Hugh Weiss, marito della grande fotografa e artista anch’esso.
Uno dei nuclei principali della rassegna racconta proprio gli anni ’50 del Novecento, momento del riconoscimento
internazionale della fotografa. Nel 1952, infatti, la sua carriera ha una svolta decisiva
quando entra nell’agenzia Rapho, su raccomandazione di Robert Doisneau. Dal 1953 in poi le sue fotografie sono pubblicate da grandi giornali internazionali come “Picture Post”, “Paris Match”, “Vogue”, “Le Ore”, “The New York Times”, “Life”, “Newsweek”. In mostra non mancano i ritratti di personaggi come Romy Schneider, Ella Fitzgerald, Simone Signoret, Brigitte Bardot. Il percorso riserva spazio anche ai lavori realizzati da Weiss negli anni ’80 e ‘90,
all’età di sessanta e settant’anni, durante i suoi viaggi nell’Isola di Réunion, in Portogallo, India, Birmania, Bulgaria, Giappone, Polonia ed Egitto.