Manifesto del pane: la ricetta (e le regole) di Slow Food

Pane alle olive taggiasche adobe
C’è una storia su tutte che risale davvero alla notte dei tempi: è quella del pane, di cui oggi 16 ottobre si celebra il World Day, ricorrenza collegata alla Giornata mondiale dell’alimentazione organizzata dalla Fao.

Il pane più antico di cui si abbia certezza risale circa al 12000 a.C. ed è stato ritrovato in Giordania: si dice venisse preparato macinando fra due pietre una miscela di cereali, poi mescolata con acqua e cotta su una pietra rovente. Passando per l’Egitto dei Faraoni e il popolo ebraico, per cui l’imperativo è che sia azzimo, il pane ha fatto il giro del mondo affermandosi proprio in Italia, dove risiedono i migliori panificatori del pianeta, ma anche i più voraci mangiatori di pane. Perché non c’è pasto a cui non si accompagni il Re dei carboidrati.

Ma c’è pane e pane. E la differenza la fa soprattutto la farina. Di quest’ultima va infatti valutato il “grado di abburattamento”, ovvero la quantità ottenuta da 100 kg di cereale: più alto è il valore, minore il livello di raffinazione. Seguendo questo criterio, la legge italiana classifica le farine di grano tenero in tipo 00 (fine e bianchissima), 0 (appena meno setacciata, adatta per la maggior parte dei pani casalinghi), 1, 2 e integrali (da preferire per ragioni di salute).

Grande importanza riveste anche “l’indice di panificabilità” o forza, ovvero l’attitudine di una farina a resistere alla lavorazione, indicato con la lettera W. Di norma, più l’impasto deve lievitare a lungo più serve una farina con grado W elevato. “Per pani a pasta morbida, pizze e focacce può bastare una farina con W 160-250, che sale a 250-310 per pani a pasta dura o a crosta consistente e a 310-370 per impasti lievitati con il metodo della biga”, spiega Slow Food Italia.

Ed è proprio tale organizzazione che, in concomitanza con il World Day, ha pubblicato il Manifesto del Pane Slow (CLICCA QUI PER LEGGERLO). Il senso di tale documento è combattere l’uso di additivi e grani transoceanici, talvolta coltivati con l’impiego di chimica e oggetto di speculazioni da parte di multinazionali e Gruppi finanziari.

Intenzione di Slow Food è raccontare la storia del pane come strumento fondamentale per rivitalizzare le aree interne e diffondere pratiche agroecologiche.

«La grande sfida di garantire il diritto al cibo per una vita e un futuro migliori. C’è un cibo che fa male, frutto di un sistema preciso, dove spreco, sfruttamento e fame sono elementi necessari, l’altra faccia del consumo e del profitto. E poi c’è un cibo che fa bene alle persone e ai territori, fatto di storia, cultura, convivialità, piacere. Il Manifesto del pane Slow ha l’obiettivo di riunire contadine e mugnai, fornai e pastaie, ma anche cuochi, tecnici e istituzioni», spiega Serena Milano, direttrice di Slow Food Italia.

Ma su quali principi si fonda il pane slow? Qualità del prodotto, agroecologia, giusta remunerazione, patrimonio da trasmettere, ricchezza da condividere.

Rispettando i punti del Manifesto, possiamo sperimentare in casa la ricetta del pane con le olive suggerita da Slow Food. Gli ingredienti sono di facile reperibilità, le tecniche semplici, gli attrezzi da usare pochi. Unica variabile davvero complessa: il tempo. Guai ad andare di fretta. Un buon pane richiede pazienza.

INGREDIENTI

6 etti di farina di grano tenero tipo 0 W 360
320 ml di acqua
5 gr di lievito di birra
3 etti di olive taggiasche
12 gr di sale

PREPARAZIONE

Il primo step è preparare la biga, ovvero il preimpasto. Per farlo sciogliete il lievito in 220 ml di acqua a temperatura ambiente, poi unite mezzo chilo di farina. Lavorate il tutto grossolanamento.

Lasciatelo riposare da 12 a 18 ore coperto da un panno umido a circa 18°C. Ottenuta la biga, unitela alla rimanente acqua, a un etto di farina e al sale. Lavorate bene sino a ottenere un impasto liscio e omogeneo.

Aggiungete le olive, impastate* e lasciate riposare la massa in ambiente tiepido, coperta da un panno umido per circa un’ora. Rovesciatela poi sul piano di lavoro, tagliatela a pezzi di tre etti l’uno e fate lievitare per una decina di minuti.

Formate dei filoncini, lasciate riposare ancora per un’ora e cuocete in forno preriscaldato a 220°C, umidificato con un pentolino di acqua o con uno spruzzino, per 18-20 minuti.

*Nota a margine: L’impasto è una delle fasi decisive della lavorazione del pane. L’energia delle mani e delle braccia aiuta la formazione del reticolo, costituito dalle proteine della farina, che catturano le particelle di acqua presenti nella massa. Man mano che si procede con la manipolazione, l’impasto acquista struttura diventando più elastico e meno appiccicoso. L’impasto può essere molle (la quantità di liquidi è superiore al 60% del peso della farina) o duro.

Buon appetito e buon viaggio!
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