Mostre a Roma: a Villa Farnesina per riscoprire l’anima antica di Raffaello

Loggia Villa Farnesina
Loggia Villa Farnesina
Le anime fuse di Raffaello e del Rinascimento sono lì a portata di mano, appena usciti da Porta Settimiana. Sospesa come per incanto fra il fiume e una Roma che qui attutisce i suoi rumori. Ecco Villa Farnesina, su via della Lungara, lasciandosi alle spalle i colori e il frastuono di una Trastevere in perenne versione panta rei.

Non poteva che essere questo l’alveo naturale della mostra “Raffaello e l’antico nella Villa di Agostino Chigi”, inaugurata lo scorso 6 aprile – giorno della scomparsa del genio di Urbino ad appena 37 anni, il venerdì santo del 1520 – e aperta fino al 2 luglio, con tre anni di ritardo, causa pandemia. Completa il trittico avviato nel 2019 da “Leonardo a Roma. Influenze ed eredità” e proseguito nel 2021-2022 con le tre mostre dedicate a Dante: “La biblioteca di Dante”; “La ricezione della Commedia dai manoscritti ai media”; “Con gli occhi di Dante, l’Italia artistica nell’età della Commedia”.

La mostra, curata da Alessandro Zuccari e Costanza Barbieri, mette in risalto soprattutto l’influenza che ha esercitato su Raffaello la collezione di cammei, rilievi, statue, sarcofagi, libri e monete antiche raccolte nella villa del banchiere Agostino Chigi, il suo committente più assiduo e munifico insieme ai Papi Giulio II e Leone X. Un mecenate legato a doppio filo all’artista, anche nel destino: morì appena cinque giorni dopo, l’11 aprile.

Incaricato di decorare a fresco la Loggia della Galatea e la Loggia di Amore e Psiche, Raffaello non poté fare a meno di contemplare e studiare le collezioni antiquarie che Chigi raccoglieva nella villa e nei giardini. Divennero fonte d’ispirazione e modelli da diffondere per lo stile classico di Raffaello e dei suoi allievi, Peruzzi, Sebastiano del Piombo e Sodoma, contribuendo allo sviluppo del pieno Rinascimento.

Non solo. Il pittore ebbe modo di reinventare, le opere più significative raccolte dal banchiere, adattandole alle sue invenzioni, come per esempio la statua della Psiche Capitolina e l’analogo affresco dell’omonima Loggia. Collezioni che andarono disperse dopo la morte del banchiere e confluirono in grandi raccolte romane ed europee, ancora più depauperate con il Sacco di Roma del 1527 ad opera dei Lanzichenecchi – che nella Villa hanno lasciato i loro indesiderati “autografi” su alcuni dipinti – fino alla vendita del Palazzo ai Farnese nel 1579.

Oggi Villa Farnesina torna a essere un forziere che sprigiona lo spirito unico del Rinascimento, un tesoro di valore inestimabile per i visitatori – e i romani, perché no? – che abbiano voglia di scoprire questo capolavoro e i gioielli della mostra: dalle statue della Psiche alata Capitolina, del Pan e Dafni di Palazzo Altemps, dell’Arrotino degli Uffizi, al Cammeo con l’aquila del Kunsthistorisches di Vienna e al Sigillum Neronis del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Inoltre, le indagini sulla Galatea di Antonio Sgamellotti hanno svelato l’utilizzo del “blu egizio” da parte di Raffaello, proprio per dipingere un soggetto che appartiene all’antichità. La villa apparirà sotto una nuova luce grazie agli interventi conservativi sulla Loggia di Galatea e sugli affreschi della Sala delle Nozze, l’antica camera da letto di Agostino Chigi dipinta dal Sodoma e dai suoi collaboratori. Per tutta la durata dell’esposizione viene ripristinato l’originario accesso alla villa dalla Loggia di Amore e Psiche.

Last but not least, il giardino che fa da cornice a Villa Farnesina: oggi resta un piccolo lembo della parte settentrionale, mentre sul retro si accede al “giardino segreto” ispirato all’hortus conclusus di stampo cinquecentesco, separato da un’alta siepe dal “giardino di rappresentanza”. Quest’ultimo si estende a sud fino a un tratto delle Mura aureliane, uno dei pochi resti della cinta che sorgeva sulla riva destra del Tevere. Passeggiare e sognare è un tutt’uno fra pini e cipressi, il boschetto di allori, specie utili e ornamentali, come rose, melocotogni, nespoli, acacia farnesiana, acacia di Costantinopoli, agrumi da collezione, ciliegi, lecci, camelie antiche, oltre ad alcune specie arbustive. «Il giardino è un paradiso nascosto nel cuore», si legge in una recensione di un visitatore della Villa. Provate a dargli torto.