Lui li aspettava al varco, dopo il weekend, quelli che: «Ma che bella abbronzatura, sei stato al mare?». Era il momento migliore della giornata, l’epifania del lunedì. Quando – fiero e sornione – raccontava sorridendo: «In verità sono stato all’orto». Nessuno gli ha mai creduto. Men che meno quando dal taschino sfoderava il biglietto da visita di scorta. Quello con la dicitura “agricoltore”.
E invece era tutto vero. Sandro Saccoccio, oggi consulente del tour operator Meridiano, aveva sul serio una doppia vita: da un lato manager del turismo, dall’altro coltivatore diretto di ogni ben di Dio alle porte di Roma.
Poi venne la pandemia che, come un giudizio universale, impose a quelle due anime di fondersi. Un incontro da cui nasce un’etichetta: quella del Saccorto, crasi tra la terra e il suo cognome, perno dell’Azienda Agricola Saccoccio, produttrice – manco a dirlo – di un olio extravergine chiamato Saccolio.
Quando e come nasce Saccorto?
«È una storia di famiglia, questa. La storia della mia famiglia che affonda le radici nelle campagne di Itri, nel Basso Lazio. I miei genitori coltivavano la terra, di cui erano proprietari, e quasi tutti i miei parenti sono produttori presso il Mof – Mercato ortofrutticolo di Fondi. Poi ci sono io, che produco a livello “passionale” più che industriale, perché nel frattempo ho sempre lavorato nel turismo. La mia è una devozione per la terra che ho trasmesso alle mie figlie Lavinia e Flavia (la prima è un fisico, la seconda una fashion manager, ndr): entrambe vivono all’estero ma, in ogni momento libero, volano a Roma per aiutarmi. L’etichetta Saccorto è nata per gioco, dall’incredulità dei miei amici a cui – anche in piena estate – raccontavo di aver trascorso il weekend nell’orto e non al mare. Ho sempre preferito la campagna al traffico sulla Pontina».

Da passione a lavoro il passo può essere breve. Ora che il turismo è fermo a causa del Covid, ha immesso ufficialmente sul mercato il suo olio.
«Esatto. Si chiama Saccolio e deriva da cinque diverse varietà di olive, tutte nostrane e provenienti dalle campagne di Itri e in parte Pomezia. La più famosa è proprio quella itrana, che nel mondo è conosciuta come l’oliva di Gaeta, per via degli scambi commerciali che nei secoli passavano dal porto laziale. Lo definisco un olio femminile per il suo gusto aromatico, quasi elegante. La produzione poggia su circa 4 ettari di oliveti e quest’anno si aggira intorno ai 5 quintali. Lo vendo al dettaglio a 12 euro al litro, ma il prezzo si abbassa nel caso di ordini più consistenti. Chi lo desidera può compilare direttamente il form sul sito o scrivermi all’indirizzo sandro@saccolio.com».

Food e travel sono il combinato perfetto. Che progetti ha in questo ambito?
«Una volta passata l’emergenza sanitaria, porterò avanti la mia Mama Culinary Tours, nata tempo fa in sordina. Il core business sono i tour culinari per gruppi ristretti con visita a piccoli produttori del Lazio, ma anche dell’Umbria e della Toscana. Un modo gustoso per scoprire le eccellenze dell’altra Italia. Abbiamo un giacimento straordinario che il pubblico internazionale apprezza moltissimo».
Ora che la figura del manager-agricoltore del travel è sdoganata, non resta che attendere la riapertura dei confini.
«Esatto. Il viaggio resta un elemento fondamentale non solo in termini di potenziali clienti, ma anche per me stesso. Ho sempre preso idee in giro per il mondo. Come lo scorso febbraio in Australia, quando ho visitato le cantine De Bortoli nella Yara Valley e ne sono rimasto incantato: un’organizzazione e un’attenzione ai visitatori eccezionali, con la possibilità di preparare sul momento il “proprio vino”. Solo un Paese evoluto propone experience del genere. Anche per questo non escludo una versione outgoing dei Mama Culinary Tours».
Anche la terra, di per sé stanziale, si evolve con i viaggi…
«Assolutamente sì. Ho sempre comprato sementi nei vari luoghi in cui mi trovavo. È emozionante portare dall’estero qualcosa che nasce e ha una sua vita. Una delle produzioni internazionali di cui vado più fiero sono i peperoncini: ne coltivo di ogni colore e forma. Questi sono alla base della linea “Cuore giallorosso”: bottiglie di olio novello con all’interno un peperoncino giallo e uno rosso. L’ho voluta dedicare a Francesco Totti, anche lui colpito dal Covid. Ora però mi sono arrivate richieste per il Cuore rossonero e quello bianconero, che metterò in produzione. Non chiedetemi, però, quello neroazzurro. A tutto c’è un limite».