Italia open to Pizza&Co. Arriva la mappa 2023 del gastroturismo

cucina italiana
Quali sono i piatti tipici più conosciuti e apprezzati dai turisti del gusto? Tra i più noti ci sono naturalmente la pizza in Campania e il pesto in Liguria. Ma a vincere è il tortellino, con l’80% degli intervistati che sa indicare almeno un piatto emiliano-romagnolo.

A svelarlo sono le anticipazioni del Rapporto sul turismo enogastronomico italiano 2023 di Roberta Garibaldi e realizzato sotto l’egida dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, che sarà presentato a maggio e di cui abbiamo riportato alcune anticipazioni nella nostra rubrica #CookandGo dedicata, per l’appunto, a Sua Maestà il tortellino.

Così, mentre impazza in Rete e non solo la nuova campagna del ministero del Turismo “Italia open to Meraviglia” con la Venere-influencer come testimonial che, tra l’altro, addenta un trancio di pizza, l’ex amministratore delegato di Enit, Garibaldi, predecessore dell’attuale ad Ivana Jelinic, “la butta” – da esperta qual è – sull’Italia enogastronomica.

ini, carni e salumi, pasta e formaggi sono nell’ordine le categorie più menzionate. Il vino è il prodotto più identificativo per Veneto e Friuli-Venezia Giulia, oltre a figurare nella top3 di numerose altre regioni italiane del centro nord. I salumi primeggiano in Calabria, il Lazio è la regina della pasta, con ben tre specialità nella top3 (carbonara, amatriciana e cacio e pepe); la Valle d’Aosta, invece, dei formaggi, con fonduta e fontina tra i prodotti più identificativi. L’olio entra in classifica con la Puglia.

I risultati mostrano regioni italiane i cui piatti tipici sono immediatamente associati come eccellenze del territorio, mentre per altre regioni si evidenzia una certa difficoltà nell’individuare un piatto rappresentativo.

In vetta alla classifica si impone l’Emilia-Romagna: l’80% degli intervistati è stato in grado di indicare almeno un piatto tipico della regione e il più conosciuto è il tortellino (39%), davanti alla piadina (17%). In seconda posizione si piazza la Campania (77%), principalmente grazie alla pizza (37%) e alla mozzarella di bufala campana (18%). Medaglia di bronzo per la Sicilia con il 76%: il prodotto più conosciuto è un dolce ovvero il cannolo (23%), a seguire gli arancini/ne (18%).

In evidenza, al quarto posto, un’altra regione del sud. Si tratta della Calabria con la ‘Nduja, che arriva a pari merito con il Lazio a quota 73%, con un balzo di ben sette posizioni dall’edizione 2021 del Rapporto a quella attuale. Il sesto posto appartiene alla Liguria, che invece esprime la ricetta con il punteggio più alto in assoluto tra quelli indicati dal campione di riferimento: più di un intervistato su due ha infatti ricollegato la cucina ligure al pesto.

Quali sono gli altri prodotti più conosciuti, regione per regione? Andiamo per ordine. Oltre il 70% del campione sa citare almeno un prodotto della Puglia e in testa ci sono le orecchiette; subito dopo viene la Lombardia, dove a dominare è l’idea del risotto. Al nono posto la Toscana, prevalentemente ricollegata alla bistecca. Decima posizione per la Sardegna, con il pane carasau davanti a porceddu e pecorino.

La seconda parte della classifica si apre con il Piemonte (al top la bagna cauda), che precede il Trentino-Alto Adige (canederli) e il Veneto (ricollegato al vino). L’Abruzzo segna lo spartiacque tra le regioni per le quali almeno la metà degli intervistati sa indicare un piatto tipico e nel caso della cucina abruzzese si rivelano decisivi gli arrosticini (34%). Scendendo sotto la soglia del 50% di riconoscibilità, troviamo nell’ordine: Friuli-Venezia Giulia (con il vino considerato prodotto-icona), Valle d’Aosta (domina la fonduta), Umbria (primo il tartufo), Marche (olive ascolane) e Basilicata (peperone crusco). A chiudere la classifica è il Molise: solo due intervistati su dieci sono in grado di indicare un piatto tipico molisano e i più gettonati sono, a pari merito, la pasta, il caciocavallo e il vino.

«I prodotti e le specialità enogastronomiche sono potenti strumenti di marketing territoriale in grado di promuovere una destinazione, oltre che essere un elemento chiave attorno cui costruire l’offerta turistica», afferma Roberta Garibaldi, presidente dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico e professore di Tourism Management all’Università degli Studi di Bergamo.

«Dall’indagine – prosegue – emerge un quadro eterogeno, con regioni che possono sfruttare questa riconoscibilità attraverso le proprie tipicità per accrescere l’attrattività come meta enogastronomica. Altre, invece, necessitano di un’azione volta ad accrescere la conoscenza nel grande pubblico di ciò che possono e sanno offrire; spesso si tratta di produzioni e specialità note al pubblico, ma non immediatamente identificabili con il territorio di origine».

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