Nel sud-est della Francia, a Veronne, non lontano dall’Italia, si sta attuando un progetto pilota di rewilding: la collina viene letteralmente lasciata al proprio destino, senza interventi come la riforestazione o la reintroduzione di specie, ma con il progressivo allentamento della morsa umana sul territorio.
La Riserva naturale del Grand Barry è uno dei più importanti esperimenti di rewilding (re-inselvatichimento) in Europa. Un programma che si distingue dai tanti tentativi di riforestazione, che consistono nel piantare nuovi alberi. Il rewilding, al contrario, punta sull’interruzione dell’intervento umano, tale da permettere alla natura di riprendere il suo corso.
Secondo l’Ipbes (Intergovernamental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services), organo dedicato alla biodiversità delle Nazioni Unite, almeno i tre quarti della superficie della terra hanno subito il degrado causato dalle attività dell’uomo. E con l’insaziabile ed esponenziale crescita delle esigenze della specie dominante – stima l’Onu – più di un milione di specie tra animali e piante sono a rischio estinzione, e per molte è soltanto una questione di decenni.
Ispirato a simili progetti in atto negli Usa, quello della Grand Barry è supervisionato dall’Associazione per la protezione degli Animali selvatici e mira a restituire alla foresta un suo spazio vitale. La situazione è particolarmente grave in Europa, dove, complici lo spazio relativamente scarso e l’abbondanza e la relativa vicinanza dei grandi centri abitati rendono praticamente impossibile trovare qualche area di natura incontaminata.
Nonostante tutto questo, l’obiettivo del progetto di Veronne e degli altri simili che potranno seguire è quello di creare ecosistemi che possano funzionare senza l’intervento dell’uomo. Semplicemente, fare un passo indietro e lasciare che la natura faccia il suo corso.
Il processo comincia dal livello più basso della catena alimentare: permettere agli insetti e alle altre creature di piccole dimensioni di prolifrerare induce l’aumento della popolazione di erbivori, e di conseguenza, di quelle dei carnivori e degli uccelli predatori.
Situati nel dipartimento del Drôme, i 100 ettari del Grand Barry si snodano lungo una cresta montuosa lunga circa un chilometro. Un’area dove abitano camosci, cervi, tassi, ermellini e varie specie di rettili, senza contare le numerose specie di alberi, piante e fiori. Falco europeo, falcone pellegrino e persino l’aquila reale – un tempo abbondante in Europa, ormai ridotta a poche migliaia di coppie in tutto il continente – sono frequenti abitatori del cielo.
L’area è soggetta a rigida protezione: tra le attività umane vietate ci sono la pesca, la caccia, l’alloggio, l’agricoltura, l’uso di veicoli a motore, nonché i famigerati assembramenti, seppure per motivi che prescindono dal Covid.
Qui, la natura è lasciata al suo destino. Quando un albero cade, viene lasciato dov’è, a lasciarsi decomporre. Il progetto, tuttavia, ha anche i suoi oppositori. A cominciare dagli agricoltori e dagli allevatori, che vedono di pessimo occhio la reintroduzione o l’aumento delle popolazioni di predatori quali volpi, lupi e orsi.