FOOD

Stoccafisso all’Anconitana, la ricetta e i “comandamenti” dell’Accademia

“Bim bum bam, stoccafisso e baccalà”. Ad Ancona, anni or sono, il “tocco” tra bambini si faceva così, chiamando in causa le due varianti del merluzzo norvegese (il primo essiccato, il secondo sotto sale), protagonista della cucina di mare del capoluogo marchigiano.

Oggi è il titolo dell’ultimo libro firmato Cassandra Mengarelli, biologa cresciuta in una famiglia di ristoratori da sette generazioni, ora volitivo vicepresidente dell’Accademia dello Stoccafisso all’Anconitana, braccio destro del presidente-avvocato Pericle Truja.

Incontriamo i vertici dell’Accademia al ristorante Gino, di fronte alla stazione di Ancona, in occasione di Tipicità in blu (rassegna di cui ViaggiOff è media partner).

«Siamo nel tempio dello stoccafisso», ci dicono con orgoglio. Mentre loro, gli “accademici”, ne sono i numi tutelari. Subito chiediamo la ricetta, noi di Cook&Go. Ma c’è qualche sottile resistenza. Documentandoci, capiamo il perché: “I soci fondatori – si legge in un comunicato – indicarono gli ingredienti caratterizzanti il piatto e non le modalità di preparazione, facendo così emergere le varie interpretazioni derivanti dalla storia e dalla cultura del territorio”. Una “felice intuizione”, ci tengono a precisare. Perché gli chef sono artisti e “ognuno è libero di darne una propria interpretazione”.

Eppure, in un’altra pubblicazione dell’Accademia (il titolo in questo caso è 52 ricette di stoccafisso), proprio a pagina 52, rintracciamo le istruzioni per l’uso. La ricetta trascritta da Cassandra è quella di zia Bruna, cuoca nel ristorante di famiglia. Era conservata in un vecchio quaderno, racconta lei stessa nell’introduzione. E oggi è messa nero su bianco come “Stoccafisso all’anconitana del vecchio ristorante da Tonino”.

La riportiamo qui, a beneficio dei nostri lettori, riepilogando alcuni tra i punti cardine del Disciplinare dello stoccafisso, vera Bibbia degli accademici. E dunque: il pesce sarà merluzzo, specie Gadus Morhua, preferibilmente classificato “ragno” o “westre Ancona” essiccato all’aria nella zona d’origine; la reidratazione avverrà in acqua corrente con ricambio; l’olio utilizzato deve essere rigorosamente extra vergine di oliva, ottenuto da olive raccolte in Italia, e preferibilmente spremute nelle Marche; è consigliata la patata a pasta gialla idonea alla cottura in bagno d’olio prolungato; il vino di cottura dovrà essere bianco, corposo ad alta gradazione, preferibilmente Verdicchio classico dei Castelli di Jesi, di Matelica e Cupramontana.

Ma ora vediamo la ricetta di zia Bruna.

INGREDIENTI A PERSONA
300 gr di stoccafisso pulito e bagnato
250 gr di patate gialle
una manciata di pomodorini pendolini o ciliegini
vino bianco Verdicchio qb
carota qb
sedano qb
cipolla qb
1 spicchio di aglio
olio Evo qb
peperoncino qb
rosmarino qb
sale qb
pepe qb

PREPARAZIONE
Mettete dell’olio sul fondo di un tegame capiente. Su una metà dello stesso adagiate i pezzi tagliati dello stoccafisso. Sul lato opposto, le patate a tocchi di 3-4 cm.

Cospargete il tutto con un battuto di carota, sedano, cipolla, aglio, preparato in precedenza.

Aggiungete sale, pepe, peperoncino (se piace), i pomodorini tagliati a metà in egual quantità sullo stocco e sulle patate e un rametto di rosmarino. Irrorate con del buon Verdicchio e coprite con acqua.

Evitate di toccare i pezzi di stocco nel tegame per non romperli durante la cottura.

Verificate la cottura dello stoccafisso e delle patate con una forchetta. Muovete il tegame ruotandolo di tanto in tanto per verificare che niente si attacchi sul fondo. Nel caso notate che gli ingredienti si stiano asciugando troppo, aggiungete lentamente dell’acqua calda e correggetene la sapidità.

Dopo circa 1 ora e mezza/2 ore, si può impiattare.

Buon appetito e buon gastroviaggio!
Scopri e prova le altre ricette di Cook&Go

Roberta Rianna

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