Food revolution in salsa danese: Copenhagen reinventa la cucina

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Hamburger e pollo fritto take away, ma in ristoranti stellati; una bakery revolution con l’apertura di tante nuove panetterie e caffetterie artigianali di alta qualità, e una riscoperta degli spazi pubblici all’aperto, per riscoprire condivisione e socialità. Innova anche in pandemia, la scena gastronomica di Copenhagen, capitale della Danimarca.

E sono in molti a chiedersi come cambierà nel 2021, e se sarà in grado di rimanere un punto di riferimento internazionale.

Proprio su questo, infatti, si sono confrontati al Reboot Copenhaghen, evento online organizzato da Visit Denmark in collaborazione con il Danish Agriculture & Food Council, esperti, giornalisti e chef di fama mondiale.

Tra questi, René Redzepi, dal 2003 alla testa del celebre ristorante Noma, nominato quattro volte il miglior ristorante al mondo, Matt Orlando, già head chef del Noma, ora a capo di Amass, e Lisa Abend, giornalista americana profonda conoscitrice della scena gastronomica danese. A moderare l’incontro, Andrea Petrini, giornalista, scrittore, riferimento dell’enogastronomia mondiale, nel 2013 inserito dal Time tra i 13 “Gods of Food”.

Dal panel, è emerso un quadro di costante rinnovamento della scena gastronomica danese, la quale si sta reinventando con creatività, ritrovando nelle difficoltà quell’energia che, più di 15 anni fa, ha permesso alla Danimarca di diventare riferimento gourmet al livello mondiale, con ben 25 ristoranti stellati, per un totale di 32 stelle Michelin.

Si punta innanzitutto sull’accessibilità, anche nella ristorazione di alto livello. Iniziative come quella del Noma, di ripensare il menù in chiave più pop, anche nei prezzi, hanno riscosso un enorme successo, contribuendo a riavvicinare cittadini e ristoratori, e innescando quello che Redzepi definisce un «processo di guarigione», per tutta la comunità.

Ed è proprio dal concetto di comunità che, secondo i relatori del panel, la scena gastronomica di Copenhagen ripartirà nel Post-coronavirus.

Nel breve periodo estivo di riapertura dei locali, infatti, quei ristoranti che negli ultimi anni erano ormai presi d’assalto dai turisti, hanno visto il ritorno di danesi e abitanti locali, che li hanno vissuti in maniera più rilassata, godendosi così un’esperienza più autentica e arricchente.

Non solo: nel momento di massima difficoltà i ristoratori stessi si sono riscoperti molto uniti, e, come sottolinea Orlando, «siamo tornati ad essere un collettivo, come nel 2005, quando mi sono trasfetito dalla competitiva New York per respirare un’aria nuova qui a Copenhagen, dove ci si aiutava e si condividevano informazioni; e se una cosa positiva in questo periodo c’è, è che ci ha riportati alle nostre radici e ai nostri valori».

E tra i valori riscoperti c’è sicuramente l’attenzione sostenibilità.

Già elemento fondamentale del Nordic Food Manifesto – decalogo di principi attorno ai quali ruota la filosofia della cucina nordica l’attenzione all’impatto ambientale del cibo è diventato con la pandemia un aspetto sempre più centrale, non soltanto per i ristoratori, ma anche per il pubblico stesso, che richiede una gastronomia sempre meno impattante.

In questo, secondo Lisa Abend, giocano un ruolo fondamentale le politiche governative, particolarmente attente a tematiche ecologiche e di sicurezza alimentare, rispondono alle istanze della popolazione rendendo Copenhagen, e la Danimarca tutta, all’avanguardia in tema di ristorazione e sostenibilità.