A Roma sono tornate le vigne sul Palatino: presso il Parco archeologico del Colosseo è stato infatti presentato l’impianto di un piccolo vigneto nell’area della Vigna Barberini, così denominata dall’omonima famiglia romana che nel XVII secolo ne deteneva la proprietà.
L’iniziativa rientra nel più ampio programma PArCo Green, che prevede differenti attività per la valorizzazione dell’eccezionale ambiente monumentale e paesaggistico del parco del Colosseo.
E così spunterà un vigneto a due passi del Colosseo, anzi vi farà ritorno. Si tratta infatti di barbatelle della varietà Bellone, un antichissimo vitigno autoctono risalente addirittura ai tempi di Plinio il Vecchio e che lo storico chiamava “uva pantastica“, coltivato ancora oggi nei territori intorno a Roma.
D’altronde il Parco è ricco di testimonianze storiche e archeologiche che segnalano l’importanza dell’agricoltura, come la presenza nella toponomastica di diverse aree definite “vigna” nel senso esteso del termine, quindi a coltura mista, ma con una documentata presenza di vigneti.
«Abbiamo preso il nome di Cincinnato – racconta Nazzareno Milita, presidente dell’azienda vitivinicola ‘Cincinnato’ di Cori sui mondi Lepini, sponsor del progetto – per onorare il famoso politico romano che, una volta completato il suo incarico governativo, tornò alle sue occupazioni rurali proprio a Cori, dove c’è la nostra cantina e dove ci sono le vigne dei nostri soci, a soli 60 km da Roma. Viviamo come un legame indissolubile il nostro rapporto con Roma e con le sue origini agricole, per questo la possibilità di partecipare ad un progetto così importante ci ha riempiti di entusiasmo. Per noi coltivare Bellone sul Palatino significa contribuire a produrre non solo vino, ma soprattutto cultura. Ci piace pensare che tramite un piccolo vigneto milioni di visitatori di ogni parte del mondo torneranno a casa avendo visto con i loro occhi perché l’Italia è così intimamente legata alla produzione di vino».
Un’operazione “etica”, come la definisce la direttrice del Parco Archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo, che «mira a sviluppare senso civico nei confronti della cultura, e al contempo didattica, perché darà il là a laboratori, visite, degustazioni rivolti al pubblico che visita il parco». L’architetto paesaggista del Parco, Gabriella Strano, precisa inoltre che “Vigna Barberini” è l’ambito del Parco ideale per lavorare il terreno senza alcun rischio d’interferenza con le strutture archeologiche; si tratta infatti di un’area che ha accolto la terra di riporto degli scavi effettuati per mettere in luce il limitrofo tempio di Eliogabalo, innalzando così la quota del terreno circostante.