Viaggio in Palestina,
una terra di tesori
“oltre il Muro”

Mar Saba, Palestina
Mar Saba, Palestina
«C’è un solo modo per cambiare idea sulla Palestina: venire qui e vedere la verità, non solo per gli aspetti legati alla fede, ma per ammirare le bellezze naturali, conoscere di più sui palestinesi e sperimentare il grande senso dell’ospitalità. E il Muro è una verità che tutti vogliono vedere».

Così Magdouline Salameh, responsabile dei rapporti con il mercato turistico italiano presso il ministero del Turismo e delle antichità dello Stato palestinese, alza il sipario sulle meraviglie della sua terra e ci accompagna alla scoperta di un mondo visto da fuori con troppi pregiudizi e poche conoscenze reali. Un mondo che gli italiani apprezzano così com’è, senza filtri, come spiega Magdouline con il sorriso sulle labbra.

L’abbiamo intervistata per farci raccontare come viene percepita la sua terra e quali tesori ha da svelare a chi decide di esplorarla.

«L’Italia è sempre stato un mercato importante per la Palestina: a livello di numeri, si colloca in vetta insieme a Russia, Usa, Francia, Germania e Romania. Naturalmente molti italiani vengono in pellegrinaggio, ma di recente hanno cominciato a differenziare il tipo di vacanza».

Per esempio?
«Tanti, non solo gli italiani, chiedono programmi che permettano ai turisti di integrarsi con la società palestinese. Anche il muro di separazione costruito da Israele è diventato un luogo di attrazione per i visitatori, è il segno di una passione forte per la nostra storia. Molti mi hanno chiesto: “Vogliamo venire per vedere il muro”, perché emana un forte senso di storia, spiritualità ed emozioni.  E tanti vengono per dipingere sulle pietre, come l’artista e writer britannico Banksy, che ha aperto un hotel chiamato “Walled Off Hotel”, con vista proprio sul muro a Betlemme, diventato quasi un museo. Non basta vedere, i turisti, soprattutto chi sceglie un viaggio individuale, vogliono frequentare le famiglie palestinesi e ascoltare le loro storie, senza il filtro dei media. Perché non sempre la verità arriva al grande pubblico».

Betlemme
Betlemme

Questo desiderio del turista di venire a vedere in prima persona il muro contribuisce a dare forza alla vostra storia millenaria, ma anche costellata di sofferenza?
«Tanti vengono per la prima volta in Palestina con un’idea e immagini diverse da quelle che poi riportano quando tornano nel loro Paese una volta toccata con mano la realtà. I blogger, ad esempio, vengono per scrivere e fare promozione e aiutano il mondo ad avere un’idea più chiara sulla Palestina». 

Immagino che qualcuno le dica che non viene in Palestina perché ha paura…
«Sì, in tanti. E noi ogni volta dobbiamo ripartire da capo e spiegare che non è mai successo nulla a un turista. Anche durante i momenti di conflitto tra israeliani e palestinesi la guerra è tra le parti, ma non contro i visitatori. Eppure non si paventano gli stessi timori per qualsiasi altro posto nel mondo dove si sono verificati attentati con tante vittime, come purtroppo è capitato negli ultimi anni. Venendo qui ci si fa un’idea più chiara della situazione. Io risiedo a Betlemme e vivo una vita normale. È vero che conviviamo con la guerra e siamo circondati dal muro di separazione, che per noi è una grande prigione, ma conduciamo una vita normale».

Capita che un turista faccia confronti tra Israele e la Palestina dopo aver visitato i due Paesi?
«Ho amici a Milano che andavano spesso a fare le vacanze a Tel Aviv o per fare il bagno nel Mar Morto, Quando poi hanno conosciuto Betlemme mi hanno confessato che “è un gioiello”. Eppure prima non venivano mai qui, ma andavano sempre dall’altra parte del muro… Non conoscevano Betlemme, Ramallah e Hebron che hanno una ricchezza enorme. Adesso il ministero del Turismo sta procedendo alla restaurazione delle aree archeologiche, per arricchire ulteriormente l’offerta per i visitatori della Palestina e fare in modo che prolunghino la loro vacanza qui».

Hebron, Palestina
Hebron, Palestina

In generale, la ripresa è stata buona dopo le restrizioni per il Covid?
«Sì, il turismo è tornato a crescere dopo lo stallo dovuto alla pandemia. Una frequenza altissima specie in un luogo come la Natività, dove in alcuni giorni si fa fatica a trovare posto».

I tour organizzati restano sempre di gran lunga prevalenti rispetto al turismo fai da te?
«Assolutamente. Anche se diversi visitatori preferiscono venire da soli. Tutti conoscono Betlemme e la Natività, ma noi stiamo comunque lavorando per pubblicizzare quelle zone che sono poco note al pubblico, per esempio le nostre montagne per fare trekking. In tanti preferiscono immergersi nella nostra cultura per assaggiare i piatti palestinesi: è un elemento fondamentale per crescere dal punto di vista turistico».

La Palestina vista semplicemente come la Terra di Gesù, quindi, ormai è abbastanza limitativo…
«Sì, è così. Davvero è la terra di tutte le religioni: cristiani, ebrei, musulmani, è un Paese per tutti. Venire in Palestina significa anche toccare con mano le varie anime della comunità, tante culture diverse, tradizioni differenti».