Nasce a Genova un museo che racconta le mille storie dell’emigrazione italiana, per ripercorrere capitoli importanti della nostra storia e tramandarli alle nuove generazioni, ma anche per accendere i riflettori sulle migrazioni contemporanee. Nella città della lanterna è stato appena inaugurato il Museo Nazionale dell’Emigrazione.
«Un luogo unico, pieno di multimedialità per rivivere le speranze, i dolori e i sacrifici degli immigrati italiani, storie che non possono essere dimenticate e che vanno tramandate alle future generazioni», ha commentato il ministro della Cultura Dario Franceschini.
Il Museo Nazionale dell’Emigrazione (Mei) è il frutto di mesi di lavoro dedicati a un progetto partecipato che ha coinvolto tantissime realtà sia italiane che del resto del mondo, attraverso una forte sinergia con numerose associazioni di italiani diffuse in tutti e cinque i continenti. La scelta della Liguria e in particolare di Genova, tra le varie città e regioni che si sono candidate a ospitare questo importante museo, è stata dettata proprio dal ruolo che questa città e il suo porto hanno avuto nella storia dell’emigrazione italiana.
Anche la scelta della location, l’iconica Commenda di San Giovanni di Prè, edificio del XII secolo, è ricca di significato, è stata infatti per secoli luogo di accoglienza e punto di passaggio di un’umanità in transito, dai pellegrini alle crociate, fino agli emigranti dell’Ottocento.
La struttura è stata rinnovata al suo interno grazie ai lavori di adeguamento funzionale e tecnologico realizzati in sintonia con la Soprintendenza della Liguria. L’intervento si colloca come naturale proseguimento dell’impegno che la Compagnia ha profuso nel tempo per la realizzazione del Galata e del Padiglione Memoria e Migrazione.
Il percorso espositivo del Museo Nazionale dell’Emigrazione si sviluppa su 3 piani suddivisi in 16 aree, costruite intorno alle storie di vita dei protagonisti dell’emigrazione: le esperienze dei singoli sono proposte al visitatore attraverso fonti primarie come le autobiografie, i diari, le lettere, le fotografie, i giornali, i canti e le musiche che accompagnavano gli emigranti. Documenti che si fondono in un’unica narrazione, che mostra il fenomeno migratorio nelle sue numerose sfaccettature e articolazioni.
Si tratta di un museo in movimento, come suggerisce il tema del viaggio. Quello che il visitatore intraprenderà tra le immagini e le storie dei milioni di italiani che hanno lasciato il nostro paese. Migranti di epoche diverse – dall’Unità d’Italia ad oggi – con una loro storia, persone che hanno affrontato il delicato momento della scelta di partire, decidendo di lasciarsi alle spalle il lavoro, la casa e la famiglia di origine.
I dati sulle partenze, i ritorni, le destinazioni, il lavoro, la salute, l’alimentazione, il razzismo, l’accoglienza, le tante motivazioni diverse per lasciare l’Italia che rappresentano il grande mosaico della migrazione saranno restituiti al visitatore attraverso strumenti interattivi e multimediali.
Se il viaggio è il focus dell’esposizione al Galata Museo del Mare, di cui il Mei rappresenta la continuazione e il completamento, qui nel nuovo museo l’attenzione va a quello che si trova dopo il viaggio: la ricerca del lavoro e della casa, imparare una nuova lingua, inserirsi in una società diversa a volte ostile.
I documenti utilizzati per la costruzione dei contenuti del museo arrivano da enti, istituzioni statali e locali, archivi, musei, associazioni di emigrati: una grande rete di collaborazione che il Mei ha costruito, un grande mosaico dove ogni tassello è una storia individuale e comunitaria della migrazione.
Ogni area del museo introduce un periodo della mobilità umana, dalla preistoria all’età medievale e moderna, ben prima della diffusione del concetto di “confine”. L’emigrazione italiana non ha avuto solo la sua destinazione all’estero e non appartiene solo al passato. Per questo il museo racconta anche l’emigrazione interna, declinata nelle sue due grandi direttrici, dalla campagna alla città e dal Sud al Nord, e l’emigrazione contemporanea, con le forme che ha assunto dopo il 1973, anno del cambio epocale, in cui da Paese di emigrazione l’Italia diviene Paese di immigrazione.
All’interno del museo c’è anche uno spazio di riflessione, il Memoriale, un’installazione artistica con un planisfero che mostra i luoghi di tragedie che hanno coinvolto l’emigrazione: dal naufragio del Sirio all’incendio della Triangle a New York, dai fatti di Aigues Mortes alla strage di Marcinelle, passando per disastri minerari e naufragi. Nomi che non vanno dimenticati e che rappresentano il lato oscuro, drammatico, della migrazione come ci ricordano ancora oggi, e pur nella loro diversità, le silenziose stragi che colpiscono i migranti in ogni parte del mondo.
Il percorso museale si conclude con una riflessione sulle mobilità interne al Paese e con una prima presentazione delle migrazioni degli ultimi vent’anni, realizzata in particolare in collaborazione con la Fondazione Migrantes e basata sugli studi pubblicati nei diversi rapporti sugli italiani nel mondo.