ART&CULTURE

Roma, Castel Sant’Angelo si tinge di noir: in mostra processi ed esecuzioni

Quando la storia di tribunali e processi si intreccia con quella di personaggi diventati quasi leggendari: ha aperto a Roma la mostra-esposizione “La Bilancia e la Spada”, che fino all’1 ottobre illustra al pubblico a Castel Sant’Angelo cimeli, scritti, opere d’arte per raccontare processi, storie truci ed esecuzioni celebri tra il XV e il XIX secolo.

L’idea di questa mostra nasce dalla volontà di narrare la storia di Castel Sant’Angelo attraverso il passaggio al suo interno, come prigionieri, di tantissime persone nel corso del tempo, che hanno vissuto e sofferto in questi luoghi per aver commesso reati di ogni sorta, ma anche solo per aver esercitato il diritto allora non riconosciuto alla libertà di pensiero. La mostra presenterà quindi una serie di narrazioni delle vite di personaggi che si sono scontrati con la spaventosa realtà dei tribunali e delle pene a Roma. Cospiratori, forestieri, assassini e infine carbonari e perfino garibaldini finirono nelle prigioni della città, rei di aver portato scompiglio nella vita pubblica per la loro condotta, ma anche solo per il loro pensiero. Si ripercorrono dunque i secoli bui di torture e incarcerazioni eccellenti.

Attraverso i racconti delle loro vite è possibile ricostruire non solo le atmosfere di epoche passate, ma anche l’incredibile storia degli spazi e degli scenari in cui le punizioni corporali, i processi spesso farsa e le macabre uccisioni che ebbero luogo a Roma tra il XV e XIX secolo. Infatti, lo scenario di tali narrazioni è uno dei luoghi simbolo di Roma e della giustizia che vi è stata praticata: la fortezza di Castel Sant’Angelo. Grandiosa costruzione eretta dall’imperatore Adriano come tomba per sé e per i suoi successori, fu iniziata intorno al 123 d.C. e terminata da Antonino Pio un anno dopo la morte di Adriano (139 d.C.). Qui furono accolte le sepolture dei membri della famiglia imperiale fino all’imperatore Caracalla (217 d. C.).

Tra le curiosità storiche vale la pena ricordare che l’edificio di Adriano, con la fine dell’impero romano avvenuta nel 476 d.C., abbandona definitivamente la sua funzione di mausoleo per assumere quella di fortezza. L’ostrogoto Teodorico (493-526 d.C.) fu il primo a farne un carcere. Cessato il dominio bizantino e stabilitosi a Roma il potere temporale del Pontefice, Castel Sant’Angelo, dopo essere passato tra le varie casate dell’aristocrazia romana, divenne un luogo di prigionia e di supplizi per i vinti di ogni epoca. Nel 1365 venne ceduto dagli Orsini al papato.

In rapida sequenza, alla fine del XVI secolo saranno incarcerati e processati a Castel Sant’Angelo anche personaggi come, appunto, Giordano Bruno e Beatrice Cenci. Quest’ultima, incolpata, insieme ad altri membri della famiglia, dell’uccisione del padre Francesco, venne decapitata a Piazza Ponte, luogo della maggior parte delle esecuzioni di quei tempi, anche se numerose furono quelle eseguite nelle stesse celle e all’interno del castello.

La detenzione toccò anche a Giuseppe Francesco Borri, medico alchimista ed esoterista, presunto autore dei motti latini e dei simboli incisi lungo gli stipiti della cosiddetta Porta Magica (della quale verrà presentata una restituzione digitale alla fine della “rampa diametrale” del Castello), che vi morì nel 1695. Alla fine del XVIII secolo, anche Giuseppe Balsamo, il famigerato “Conte di Cagliostro”, dopo una condanna del Sant’Uffizio, fu tenuto prigioniero al castello, prima di essere condannato e inviato a finire i suoi giorni nella rocca romagnola di San Leo.

Tra l’altro le prigioni di Castel Sant’Angelo e il suo essere luogo principale di processi e incarcerazioni a Roma suggerirono l’ambientazione dell’opera di Giacomo Puccini Tosca, che ha come sfondo la Roma del 1800; il protagonista del melodramma, il pittore Mario Cavaradossi vi finisce incarcerato con l’accusa di tradimento. Quando viene fucilato, Tosca, la sua amante, si uccide gettandosi dagli spalti del Castello.

Andrea Lovelock

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