ART&CULTURE

La Toscana della cera: viaggio tra collezioni e laboratori

In Toscana esiste una materia che ha saputo attraversare secoli e linguaggi, trasformandosi da strumento di fede a oggetto d’arte, da mezzo di conoscenza scientifica a simbolo di luce e rinascita. È la cera.

Questa “anima segreta” della regione diventa ora una mostra agli Uffizi, che apre la porta a un itinerario da scoprire tra collezioni medicee, laboratori, biodiversità e tradizioni secolari.

A dicembre, alla Galleria degli Uffizi di Firenze debutta la mostra dal titolo “Cera una volta. Sculture dalle collezioni medicee”, dedicata all’arte ceroplastica fiorentina tra Cinquecento e Seicento. In un’epoca in cui la scienza e l’arte si specchiavano l’una nell’altra, la cera divenne strumento per riprodurre la vita, per studiare il corpo, per evocare il divino. Nelle sale che furono dei Medici, le sculture rivelano un’umanità sospesa tra realismo e meraviglia, dove il gesto dello scultore si confonde con quello dell’anatomista. E da queste sale comincia un viaggio che si estende oltre Firenze, per tutta la Toscana: un itinerario della materia, della forma e della conoscenza.

Proprio a Firenze, pochi passi oltre gli Uffizi, c’è un luogo che sembra nato per proseguire quel racconto: La Specola, il più antico museo scientifico d’Europa. Le celebri cere anatomiche del Settecento mostrano muscoli tesi, vene sottili, gesti sospesi nel tempo. Non sono solo strumenti di studio: sono sculture capaci di restituire la perfezione anatomica e insieme un senso di pietà e stupore. Accanto, un’altra collezione meno nota ma altrettanto sorprendente: quella delle cere botaniche, un “giardino artificiale” di oltre duecento piante modellate con tale precisione da sembrare vive, nate da quella curiosità rinascimentale che cercava di riprodurre la natura per comprenderla meglio.

Ma Firenze è anche la città dove la cera diventa il primo passo verso l’eternità del bronzo. Al Museo Nazionale del Bargello, nelle sale dedicate alla scultura barocca, i modelli in cera di Benvenuto Cellini, Alessandro Algardi e Massimiliano Soldani Benzi raccontano la fase segreta della creazione: quando l’artista studia la forma e la luce prima di affidare tutto al fuoco della fusione. E nel vicino Museo Ginori di Sesto Fiorentino, la cera torna ad avere una funzione diversa ma altrettanto affascinante: materiale preparatorio per le porcellane, ponte tra il mondo delle botteghe artistiche e quello delle manifatture, dove l’invenzione si traduce in mestiere.

Così, la cera non è solo protagonista di una mostra, ma un invito a riscoprire la Toscana che si modella nel tempo, che plasma la conoscenza e la trasforma in arte, che conserva nei suoi musei e nei suoi riti il respiro lento della materia.

Anche più a sud, la cera diventa linguaggio di scienza. A Siena, nel Museo Anatomico Leonetto Comparini, si scopre una collezione che testimonia la passione per la conoscenza e l’osservazione. Le cere anatomiche qui non cercano la bellezza estetica, ma quella della verità: crani, feti, sezioni corporee, studi di patologia e ostetricia raccontano la ricerca di un sapere che voleva essere utile e universale. L’atmosfera è sospesa tra museo e teatro della mente: un luogo dove l’anatomista e l’artista dialogano senza saperlo.

Anche a Pisa, tra le aule storiche dell’Università, la cera continua a essere una chiave di lettura del mondo. Nel Museo di Anatomia Umana Filippo Civinini, i modelli anatomici e i preparati didattici tracciano la genealogia della medicina moderna, mentre nella vicina Certosa di Calci, il Museo di Storia Naturale raccoglie secoli di ricerca sulla vita e sulla materia, dalle cere agli animali imbalsamati, dai minerali alle collezioni zoologiche. È la Toscana delle università e delle accademie, dove la conoscenza diventa spettacolo.

E quando la cera lascia il laboratorio per entrare nella fonderia, la scena si sposta in Versilia. A Pietrasanta, la “Piccola Atene”, la fusione a cera persa è una tradizione viva, ereditata dai maestri del Rinascimento e reinventata dagli scultori contemporanei. Qui operano numerose fonderie d’arte, ad esempio le fonderie Mariani, Del Chiaro e la Fonderia Versiliese, dove la cera è solo un passaggio destinato a scomparire nel momento in cui la forma si trasforma in bronzo.

La cera è ovviamente anche natura.La Toscana la custodisce nei suoi paesaggi rurali, nei conventi e nelle campagne. A San Rossore, l’Università di Pisa ha creato il centro Embrace, dedicato alla biodiversità e alla tutela delle api, creature che trasformano il paesaggio e danno origine a quella stessa cera che un tempo modellava santi e anatomie. A Carrara, città di marmo e di creatività, l’eco-murale “Impollinemesi” unisce arte contemporanea e sensibilità ambientale, celebrando le api come simbolo di equilibrio naturale e rinascita. In Lunigiana il Miele della Lunigiana Dop racconta un territorio dove le api trasformano erbe e fiori selvatici in un prodotto oggi usato anche in cucina insieme al polline come ingrediente nutriente e profumato.

E lungo i cammini della Via Francigena, il miele torna protagonista nei dolci dei pellegrini – nel panforte senese, nella Spongata della Lunigiana, e in altri dolci legati al viaggio – come memoria di un cammino lento, dolce e sacro. La cera stessa diventa tradizione gastronomica e culturale: un tempo la ceralacca sigillava le bottiglie di vino più pregiate.

Infine, c’è la cera che brucia e illumina. Quella che nelle notti d’estate riempie le città di luce: la Luminara di San Ranieri a Pisa, con migliaia di fiammelle che si riflettono sull’Arno; la Luminara di Santa Croce a Lucca, quando le vie si trasformano in un fiume di candele; e il Corteo dei Ceri e dei Censi per il Palio dell’Assunta a Siena, dove la cera diventa offerta, voto, segno di comunità.

La foto pubblicata è stata inviata dall’ufficio stampa.
Marco Merli

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