Numero che secondo le autorità turistiche locali è destinato a crescere come effetto dell’attuale pandemia che ha spinto molti professionisti a ripensare al lavoro e ai suoi luoghi. Eppure “remote working” e “nomadismo digitale” non sono concetti nuovi: il primo è stato teorizzato già negli anni Settanta, mentre il secondo è un fenomeno derivante dal primo concetto, legato alla possibilità di lavorare ovunque sia disponibile una buona connettività Internet, incluse quelle destinazioni che sono più note come mete turistiche.
Secondo una stima diffusa da Repeople, la prima piattaforma di telelavoro creata nelle Isole Canarie, i remote workers che scelgono le Isole Canarie come “ufficio” arrivano soprattutto dalla Germania, la nazionalità più rappresentata con una quota del 20% del totale. Seguono il Regno Unito e gli Stati Uniti con rispettivamente il 15% e il 10%. I loro “colleghi” provengono principalmente da Olanda, Norvegia, Polonia, Romania e Repubblica Ceca. Sono in genere programmatori, grafici, responsabili marketing digitale, esperti in tecnologia, ma anche giovani imprenditori, traduttori, giornalisti e content manager.
«Attualmente ci sono circa 100 spazi di coworking alle Canarie: 30 a Gran Canaria e 40 a Tenerife, mentre i restanti sono diffusi tra le altre isole dell’arcipelago. È ovvio che la tendenza al telelavoro stia crescendo in modo esponenziale – racconta Ana Sánchez, direttore comunicazione di Repeople – e la connettività internet nelle Isole Canarie non ha niente da invidiare ai maggior Paesi europei o nordamericani. La rete è sempre disponibile sulle isole e ha velocità doppia rispetto alla Spagna».
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