A causa della sua posizione, al centro del Mediterraneo, circondata da due mari e con poche montagne, la regione è fra le più ventose d’Italia. La presenza di questo agente atmosferico è entrata a far parte della cultura e del vivere quotidiano delle popolazioni locali che, dopo tanti secoli, hanno imparato a conviverci. Ne sono testimonianza oggi le numerose pale eoliche presenti nella regione, tante da farne il più grande parco eolico d’Italia. Il vento racconta la storia di questi territori, abitati nel tempo da dauni, romani che hanno costruito ponti e acquedotti, bizantini che qui portarono la fede, normanni e svevi che edificarono maestose costruzioni difensive, angioini e aragonesi che introdussero la transumanza.
Il vento ha avuto ed ha una importanza significativa in molti centri della regione e tra questi, in uno dei suoi borghi più caratteristici: Sant’Agata di Puglia in provincia di Foggia, posto a quasi 800 metri di altitudine, in posizione dominante sulla estesa valle sottostante. Caratterizzato da stradine e tipici vicoli, detti “trasonne”, da edifici di importanza storica e religiosa, come il Castello e la Chiesa Matrice di San Nicola, anche questo paese ha dovuto convivere con il vento che qui è chiamato “vòria”, famoso quanto temuto, che spira forte nelle giornate più fredde dell’anno, gelando le gote dei passanti, calmo all’inizio dell’estate, quando si culla tra i campi dorati di grano. Sull’origine del nome, ancorchè dialettale, non esistono notizie certe.
Probabilmente deriva da “borea”, personaggio della mitologia greca, che impersonava il Vento del Nord, ovvero il vento di tramontana che veniva associato alle tormente di neve che si abbattevano, prima di questa mutazione climatica, sul paese, flagellandolo, in particolare in quella zona quasi periferica detta “Calvario”.
Per la sua bellezza e la sua straordinaria posizione a dominio del Tavoliere, il paese è detto “Spione o Loggia della Puglia”, ma a caratterizzarlo è la suggestione che genera anche nel visitatore più esigente. Il borgo e gli eleganti prospetti dei suoi palazzi gentilizi gli hanno valso nel 2002 la “Bandiera Arancione” del Touring Club Italiano, marchio di qualità ambientale, e nel 2016 il titolo di “Città del buon vivere” attribuito da Slow Food. Il Paese ha anche aderito al progetto dei “Borghi della Lettura” per un insieme di iniziative che trovano, per l’appunto, nella lettura la loro ispirazione, come ormai avviene da qualche anno con “Libri e Trasonne”, un Festival letterario che richiama ogni anno autori da tutta Italia.
Il suo monumento simbolo è l’imponente Castello Imperiale. Costruito nell’anno 887 dai Longobardi, probabilmente sulle rovine del vecchio tempio romano Artemisium, come roccaforte militare, venne trasformato, dopo il regno dei Normanni, in residenza nobiliare dagli Aragonesi. Passata agli Orsini, fu venduta nel 1576, ai Loffredo. Una destinazione che il Castello ha mantenuto, praticamente, fino alla fine dell’Ottocento, quando ebbe inizio una graduale, ma inevitabile rovina. Dal 2000 è di proprietà del Comune che, grazie all’utilizzo di fondi europei, ha avviato importanti lavori di ristrutturazione, ancora in corso, ma in via di completamento. Oggi il Castello è valorizzato dal Fai-Fondo Ambiente Italiano che organizza visite guidate alla scoperta della residenza.
L’edificio religioso più rappresentativo è, invece, la Chiesa Matrice di San Nicola, anche questa risalente al periodo normanno. La facciata in stile barocco, molto austera, è affiancata da un imponente campanile molto più recente, essendo stato ricostruito dopo il terremoto del 1901. Recentemente l’edificio è stato oggetto di notevoli lavori di recupero e restauro che hanno interessato principalmente il consolidamento delle volte lungo tutte e tre le navate, il restauro degli stucchi e delle decorazioni, della Sacrestia, delle absidi delle tre navate e del transetto dove è posto il Trittico delle Parrocchie del 1606, opera scultorea in legno ed oro del XVII secolo, attribuita a Nunzio Maresca. Fra le numerose opere d’arte che impreziosiscono la chiesa, sono da segnalare: il cinquecentesco “Presepe” di Stefano da Putignano in pietra dipinta; la “Madonna del Suffragio”, pregevole tela seicentesca di Pacecco de Rosa; il seicentesco coro ligneo in noce nero; il “Pulpito” ottagonale in granito rosa del XVII secolo; il “Battistero” del 1714; la “Statua di Sant’Agata”, patrona del paese e il “Cenacolo”. La volta a botte della Cripta, affrescata da Enzo Liberti sul finire del secolo scorso, raffigura la Passione di Cristo.
Quello che più incuriosisce di quest’opera sono i volti dei personaggi raffigurati, tutti santagatesi, le cui espressioni, ispirate alla vita quotidiana della metà del ‘900, danno valore ai sentimenti di quanti assistettero al Calvario del Cristo nell’atto di emettere il suo ultimo respiro.
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